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Statuto

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lunedì 1 febbraio 2010

Manifesto della Slow city


1. La slow city è una città (o una parte di territorio, più in generale) che ha deciso di rinunciare al falso idolo della velocità nominale e del consumo di massa.
2. La slow city non è solo una città lenta, ma è il luogo in cui si fondono e interagiscono tutte le culture a basso impatto, le uniche in grado di fronteggiare efficacemente la crisi economica.
3. La slow city minimizza il suo impatto ambientale risparmiando energia e producendola da fonti rinnovabili.
4. L’automobile è un mezzo di trasporto rivoluzionario e imprescindibilmente legato alla configurazione spaziale della città contemporanea. Altrettanto scontato non è l’obbligo del possesso di un’automobile.
Nelle slow cities la mobilità non è legata al possesso del bene automobile, ma al diritto di utilizzarlo. Non più un’auto per individuo, ma più utilizzatori per la stessa automobile, di proprietà di una società pubblico-privata che gestisce la mobilità integrata (mezzi di trasporto pubblico di massa, taxi collettivo, car sharing, mobilità alternative).
5. Nella città contemporanea il tempo di spostamento è un tempo perso e va minimizzato; nella slow city il tempo impiegato nello spostamento è, nella maggior parte dei casi, un tempo qualificato, dedicato alla socializzazione e ad attività piacevoli. La sua minimizzazione è legata alle necessità del singolo.
6. Quello che vale per il tempo di spostamento, vale anche per lo spazio. Lo spazio che si attraversa non è anonimo e indifferente.
Attraversare una slow city implica interagire necessariamente con la stessa e con gli altri individui al suo interno.
7. Nella slow city non ci sono percorsi obbligati (come quelli che devono percorrere le automobili), ma il tragitto tra un punto “A” e un punto “B” varia al variare dell’individuo e del mezzo di locomozione.
Ciò implica che eventuali interventi di riqualificazione urbana vadano perseguiti “per aree” e non “per linee”.
8. Nella città contemporanea le strade e i marciapiedi sono un bene privato degli automobilisti, nelle slow cities le strade tornano ad essere suolo utile per un uso realmente pubblico.

A Cura di Vito Angelo "blog openspace"

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