Dal 1978 cominciarono i lavori per il Piano programma del centro storico di Palermo, affidati a Giancarlo De Carlo, Umberto Di Cristina, Giuseppe Samonà e Annamaria Sciarpa Borzì. Il piano fu adottato nel 1981; tale strumento si poneva come elemento di contrasto tra le politiche passate (assenti o quasi) ed il nuovo clima culturale volto all’analisi dei valori storico-iconologici e socio-culturali, finalizzata ad un recupero organico del centro antico.. Il piano programma è una variante al Piano regolatore generale, si struttura in contesti omogenei ed attraverso le “schede critiche” fissa le variabili e le invarianti urbane, adottate a tempo indeterminato dal Comune, ma affida alla formazione di piani di recupero triennale il carattere esecutivo; un esempio è il Piano particolareggiato “Castello S. Pietro”(adottato nel 1981 ma mai approvato). Nel definire le modalità d’intervento,il piano rimanda alla Regione “la promulgazione di una legge finanziaria o attuativa speciale per queste opere di immediato intervento”. Esso si pone come strumento conoscitivo e di coordinamento per i vari interventi di recupero da eseguire nel centro storico.
Anche se non potè produrre effetti apprezzabili (tranne alcune realizzazioni di piccole dimensioni urbane) proponeva una riorganizzazione del sistema dei trasporti pubblici e conteneva già alcuni principi ispiratori del “Piano particolareggiato esecutivo del Centro Storico di Palermo” (1993).
Il programma non risultò efficace per fermare l’esodo dal centro degli ultimi 50 anni; la popolazione rilevata nel censimento ISTAT 1991 sulla I circoscrizione (i quattro mandamenti del centro storico) si attestava sui 24.000 abitanti, e il dato confermò il trend negativo ma vi è stato un rallentamento dell’abbandono.Secondo i criteri delle leggi regionali n. 70/76 e n. 71/78 e della legge nazionale n. 457/78, e della consolidata cultura del restauro, fu redatto, da Luigi Benevolo, Italo Insolera e Pier Luigi Cervellati, il piano particolareggiato. Con decreto di approvazione dell’Assessorato al Territorio e dell’Ambiente della Regione Sicilia, del 13 luglio 1993 , entrò in vigore il “Piano particolareggiato del Centro Storico di Palermo”, con l’esclusione delle aree comprese negli strumenti normativi precedenti (il piano particolareggiato Castello S. Pietro per il mandamento Castellammare).
Le norme del P.P.E. fanno riferimento all’unità edilizia che ha una propria individualità storica esistente o recuperabile al fine di perseguire una logica di recupero totale, introducendo tra le modalità d’intervento della legge nazionale n. 457/78 il ripristino, il ripristino tipologico (ri-proposizione tipologica) e quello filologico (ri-proposizione integrale); inoltre, indica le demolizioni senza ricostruzione, da trasformare in spazi di uso comune,e delle superfetazioni non storicizzate.
Il piano asserisce l’importanza del mantenimento delle storiche attività commerciali ed artigianali organizzate nei mercato o nelle vie dei mestieri, delle attrezzature culturali, sociali e scolastiche, religiose, civili, collettive, dei servizi burocratici ed amministrativi.Gli obiettivi del programma sono rivolti: alla difesa del disegno urbano storico; alla valorizzazione del segno urbano della città murata; all’eliminazione della circonvallazione a mare, alla sistemazione della Cala e del fronte a mare del centro storico; alla creazione di un sistema del verde a monte e ri-organizzazione del traffico di passaggio; alla sistemazione del piano del Palazzo delle Aquile; alla tutela dello spazio semirurale del Papireto, unica per tipologia all’interno del perimetro murario; all’integrazione degli spazi inedificati con il sistema degli spazi pubblici; ed infine alla connessione dei manufatti e aree archeologiche all’organismo urbano.
Il piano particolareggiato istituisce un apparato amministrativo con l’Assessorato al Centro Storico, con il compito di gestire e controllare le trasformazioni urbane.
L’emanazione della legge regionale n. 25/93 dichiara la pubblica utilità del recupero del centro storico di Palermo e finanzia lo stesso; inoltre vincola il comune: ad acquisire e recuperare edilizi fortemente degradata, da destinare con particolare riguardo alla residenza; ad acquisire e recuperare edilizia monumentale da destinare a finalità pubbliche; a recuperare edifici le cui caratteristiche richiedano particolari interventi utili a fornire modelli-guida per gli altri operatori; a realizzare reti tecnologiche di sottosuolo ed insiemi organici di spazi aperti; all’approvazione di un programma d’uso del patrimonio comunale del centro storico; ad istituire un parco alloggi pubblico in cui trasferire gli abitanti residenti temporaneamente trasferiti
La legge finanziaria stanzia circa 50 milioni di euro per incentivare il recupero dell’edilizia privata ricadente nel piano particolareggiato, escludendo alcune categorie di contributo, invece, per quelli inseriti in aree soggette ai piani particolareggiati precedenti, il comune, di conseguenza, emana dal 1995 al 1999 4 bandi pubblici per la re-distribuzione dei fondi, tramite graduatorie, della legge regionale n. 25/93. Al fine di agevolare il recupero del centro storico sono stati dimezzati gli oneri di urbanizzazione e i costi di costruzione, sono ammessi al contributo persone fisiche e cooperative (condomini), formatisi ai sensi della legge regionale n. 71/78, ed esclude imprenditori o cooperative edili; il fine è quello d’impedire una facile speculazione oltre che sul valore del suolo anche sui costi di recupero.
L’erogazione del contributo ai beneficiari è subordinata, per i residenti e non che abbiano la piena disponibilità dell’immobile, per i primi ad abitare l’immobile per i successivi dieci anni, per i secondi ad usare personalmente l’immobile secondo le destinazioni d’uso prevista nello strumento urbanistico. Per i beneficiari non residenti e che non abbiano la piena disponibilità dell’immobile grava l’obbligo o di abitare o di mantenere l’immobile in regime di locazione, ai sensi della legge nazionale n. 392/78 sull’equo canone, per i successivi dieci anni dalla fine dei lavori di recupero. Il controllo all’adempimento di tali oneri viene affidata alla facoltà dell’amministrazione comunale; questo quadro normativo indica la particolare attenzione all’aspetto dell’uso e della residenza in linea al recupero socio-demografico del centro antico. Il piano incentiva il recupero dell’edilizia di proprietà privata stanziando circa 50 milioni di euro, e vincola il beneficiario all’utilizzo diretto previa la decadenza del contributo; concede gli stessi contributi anche a cooperative (condomini), formatisi ai sensi della legge regionale n. 71/78, e ne dispone vincoli per l’utilizzo.
Inoltre, esso esplicita che non potranno accedere al contributo imprese o cooperative edili; il fine è quello d’impedire una facile speculazione oltre che sul valore del suolo anche sui costi di recupero; si orientano così politiche pubbliche che ostacolino gli scopi di lucro su un bene primario, qual è la casa.