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Statuto

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sabato 2 ottobre 2010

Il Parco dell'Oreto a Palermo


In ordine da sinistra a destra e da sopra a sotto: tratto del fiume Oreto nei pressi del ponte Corleone, del ponte Oreto, della foce e foce del fiume. Foto di Salvatore Abruscato.

Il recupero del fiume Oreto è importante, oltre che per la valenza puramente ambientale, per il contributo che potrebbe offrire al riordino urbanistico di tutto l’intorno e di tutte le parti urbane della città che ad esso si affacciano.
La parola recupero affiancata al fiume Oreto riempe di speranza qualche cittadino e di orgoglio qualche amministratore, anche se, sia l'uno che l'altro, ne hanno sempre e solo sentito parlare.
Concretamente, ad oggi, la città di Palermo vive uno dei periodi più tristi della sua storia e vita urbanistica e sociale, e tutto questo lo si deve a qualche cittadino e a qualche amministratore. Almeno questa è l'impressione che si ha camminando per le vie del centro e delle periferie. I tentativi di ripresa, non solo del fiume ma anche dell'intorno, sono deboli o inesistenti.
La storia non è stata felice con questa parte di città. Già nel 1885 il Piano Giarrusso orientava il futuro sviluppo urbanistico e sociale al nord della città, voltando le spalle ad una parte urbana che fino ad allora aveva goduto di prestigio, almeno in parte, grazie all'Orto Botanico e la Villa Giulia. Il P.R.G. di Palermo del 1962 vedeva il fiume come un ostacolo per la città, cosicché negli anni ’60 e ’70 la costruzione di edifici residenziali ai margini del fiume, soprattutto in prossimità della foce, impoveriscono e banalizzano le comunità animali e vegetali e riducono le biodiversità, che pur esistevano fino ad alllora. Oggi il fiume si presenta molto inquinato, sono presenti abusi nella captazione ed uso delle risorse idriche e disordini geologici ed idrogeologici.
Il presente continua ad essere alquanto incerto ed ombroso. Non si sa quando e come inizieranno i lavori per la realizzazione del Parco dell'Oreto, tanto sbandierato e tanto dimenticato, sia dagli orgogliosi che dai fiduciosi.

Salvatore Abruscato

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